Zamba del Che
Vengo cantando esta zamba
con redoble libertario,
mataron al guerrillero
Che comandante Guevara.
Selvas, pampas y montañas
patria o muerte su destino.
Que los derechos humanos
los violan en tantas partes,
en America Latina
domingo, lunes y martes.
Nos imponen militares
para sojuzgar los pueblos,
dictadores, asesinos,
gorilas y generales.
Explotan al campesino
al minero y al obrero,
cuanto dolor su destino,
hambre miseria y dolor.
Bolivar le dio el camino
y Guevara lo siguio:
liberar a nuestro pueblo
del dominio explotador.
A Cuba le dio la gloria
de la nacion liberada.
Bolivia tambien le llora
su vida sacrificada.
San Ernesto de la higuera
le llaman los campesinos,
selvas, pampas y montañas,
patria o muerte su destino.
(Victor Jara)
Nella prefazione di Luís Sepúlveda alla biografia di Victor Jara scritta da Joan Turner, la moglie inglese del cantautore, leggiamo: "A volte, Víctor, quando la tua voce riempie la sala di casa mia, o quando pulisco i vecchi dischi, uno dei miei figli domanda chi canta, e la risposta è sempre la stessa: quest’uomo che canta è mio fratello ed in ognuna delle mie carezze ci sono anche le sue mani."
Originario di una famiglia povera, Victor si trasferì a Santiago dove frequentò la scuola di teatro e ben presto si interessò anche di musica popolare e cominciò a comporre le sue canzoni che parlavano soprattutto della vita della gente umile, dell’amore ma anche dell’impegno civile e politico che nella sua musica assumeva sempre la sostanza di profondo impegno umano. E l’umanità chiara, solare, inequivocabile (come dice Pecoraro ne l’Omaggio) di Victor Jara è proprio il tratto più evidente della sua personalità e della sua arte. "…sono un folclorista, un uomo di estrazione popolare. Da piccolo ho appreso il linguaggio dei più, che sono i più umiliati e i più umili. Ho conosciuto le sillabe del vento, della poesia bella e naturale della vita: a Nuble, la mia terra natale. Mia madre mi ha insegnato a cantare . Oggi sono felice di quello che faccio ma anche scontento e impaziente perché c’è molto da fare. Mi piacerebbe moltiplicarmi…"
Victor Jara lega la sua sorte alla sua gente, e con tanta altra gente – nei giorni dell’odio militare contro il popolo cileno; l’11 settembre 1973 viene arrestato ed internato nello stadio "Chile" (oggi stadio "Victor Jara") e dopo pestaggi e torture, su ordine dello stesso Pinochet, viene ucciso. Racconta Joan : "Siamo saliti al secondo piano, dove erano gli uffici amministrativi e, in un lungo corridoio, ho trovato il corpo di Vìctor in una fila di una settantina di cadaveri. La maggior parte erano giovani e tutti mostravano segni di violenze e di ferite da proiettile. Quello di Victor era il più contorto. Aveva i pantaloni attorcigliati alle caviglie, la camicia rimboccata, le mutande ridotte a strisce dalle coltellate, il petto nudo pieno di piccoli fori, con un’enorme ferita, una cavità, sul lato destro dell’addome, sul fianco. Le mani pendevano con una strana angolatura e distorte ; la testa era piena di sangue e di ematomi. Aveva un’espressione di enorme forza, di sfida, gli occhi aperti." "Dopo averlo ucciso, i militari non solo hanno proibito la vendita dei suoi dischi, ma hanno anche ordinato la distruzione delle matrici."
http://www.fundacionvictorjara.cl